Notizie storiche
La chiesa di S. Caterina a Chiaia sorse sul finire del 1500. In tale periodo i Frati Francescani del Terzo Ordine Regolare portarono a compimento i lavori di ricostruzione e di ampliamento della preesistente cappellina chiamata S. Caterenella.
Dopo vari eventi, che hanno portato l''edificio a continue trasformazioni, oggi la chiesa risulta essere di gusto settecentesco, a croce latina con cappelle affondate. Il transetto non sporge fuori dalle cappelle. Al centro la cupola edificata nel 1601, che poggia su quattro archi a tutto sesto sviluppati su quattro pilastri i quali delimitano il centro della chiesa. Alla base di essa vi sono collocate otto luminose finestre dalle quali piove la luce nell''interno del tempio.
La decorazione architettonica è particolarmente ricca nelle cornici degli archi e sotto il cornicione dove diventa lavoro fine di cesello. I pilastri sono sormontati da capitelli compositi.
La facciata copre solo la parte centrale dell'edificio. Portata a termine nel 1713, è quindi di gusto settecentesco, di un barocco riposante che prelude al neo-classico. È scandita da coppie di lesene che nello scomparto inferiore montano capitelli ionici e in quello superiore corinzi. Vanno a congiungersi in un grande arco nel timpano. Sopra la porta (di piperno) una vetrata a colori ed un bassorilievo di S. Caterina V.M. d'Alessandria.
Anche le rifiniture delle cappelle interne sono settecentesche. Maestoso l'altare maggiore nella sua imponente mole di marmo policromo intarsiato di gusto barocco, portato a termine molto tempo prima degli altri altari. Preziosi anche gli altri due altari della crociera, dedicati alla Madonna delle Grazie ed alla Madonna di Pompei. Gli altri altari delle cappelle laterali, essendo stati portati a termine nel 1713, risentono dello stile del tempo.
La chiesa, in lunghezza misura m. 37; in larghezza m. 33,25; in altezza m. 17. Nella cupola l'altezza raggiunge i 35 m.
LE OPERE D'ARTE
La chiesa è molto ricca di tele, affreschi e medaglioni. Sono in buona parte narrazione di miracoli o episodi della vita del santo venerato nella cappella.
Molto pregevole la tela dietro l'altare maggiore, sopra gli scanni del coro ligneo. Essa raffigura il Mistico Sposalizio di S. Caterina col Bambino Gesù. E' opera della piena maturità di Antonio Sarnelli (1742 - 1793) che la eseguì nel 1770. Dello stesso autore sono altri affreschi e tele: Glorificazione di S. Francesco d'Assisi (1767), Busto dell'Ecce Homo (1774), La Divina Pastora (1755).
Nella crociera di sinistra si ammira la tela della "Madonna tra i genitori" di Benedetto Torre; opera pregevole per l'equilibrio dei colori e dei volumi.
Nella crociera di destra un piccolo dipinto della "Madonna delle Grazie", attribuito al Sarnelli; un vero capolavoro di grazia e semplicità.
Nella prima cappella di sinistra, entrando in chiesa, una bellissima Pietà non firmata del fine 1600 o inizio del 1700.
Altre pregevoli opere, ampiamente menzionate nel volume "Il Complesso conventuale di Santa Caterina nel borgo di Chiaia", di recente pubblicazione, si trovano nelle varie cappelle laterali della chiesa.
Descrizione degli affreschi, tele, suppellettili, epigrafi e sarcofagi presenti in tutta la chiesa
La controfacciata
La controfacciata sui laterali reca una coppia simmetrica di grandi affreschi, opera del pittore B. Ferrazzi, risalenti al 1956. Tali affreschi sono contornati da cornici modanate in stucco, raffiguranti, quello a destra, I doni dei pastori; al centro di esso appare seduta la Madonna con il Bambino, in piedi alle sue spalle San Giuseppe, circondati quasi interamente da figure di pastori recanti doni; in alto una coppia di angeli.
L'affresco sulla sinistra anche opera dello stesso pittore, B. Ferrazzi, raffigura Sant'Antonio con il Bambino Gesù. In esso è rappresentata sulla destra Sant'Antonio genuflesso e con le braccia aperte, in atto d'invocazione verso il Bambino Gesù che appare in alto a sinistra, circondato da putti ed angeli.
In basso vi è un piccolo affresco di Gesù Ecce Homo, opera di Antonio Sarnelli, firmato e datato 1774, collocato fino al XVII sec. nella "Terra Santa", sottostante il cappellone di S. Andrea.
La volta a botte
La grande volta a botte che copre l'intera navata centrale è ricca di stucchi barocchi e tre grandi arconi trionfali scandiscono la serie di affreschi dipinti dal pittore napoletano Gustavo Girosi nel 1909 e dedicati ad alcuni episodi della vita di S. Caterina. Essi raffigurano: il primo, dall'ingresso, la decapitazione di Santa Caterina Vergine e Martire di Alessandria; il secondo, Santa Caterina che disserta con i filosofi alla presenza del prefetto Rufo; il terzo, la Santa che viene trasportata dagli angeli sul monte Sinai. Vi si ricordano i fatti succeduti all'insediamento di Massimino Daia, quale governatore di Alessandria, nel 305 d. C.
Durante i festeggiamenti in onore di Massimino, celebrati con rituali pagani, Caterina intervenne e chiese al governatore di riconoscere Gesù Cristo quale redentore dell'umanità. Massimino allora convocò alcuni retori affinché convincessero Caterina ad onorare gli dei pagani, ma in realtà fu l'eloquenza di Caterina a convertire i retori al cristianesimo. Massimino allora condannò tutti a morte e Caterina, essendosi verificata l'inspiegabile rottura della ruota dentata sulla quale era stata posta, fu poi decapitata il 25 novembre 307 d.C.1.
Cappella della S. Famiglia
La cappella dedicata alla Sacra Famiglia è la prima collocata a destra dell'entrata principale.
Essa reca sull'altare una tela ad olio ascrivibile alla fine del XVIII secolo, di Biagio da Vico, raffigurante un' immagine della Madonna, di Gesù Bambino e di San Giuseppe che si tengono per mano, mentre, in alto, troneggia il Padre e lo Spirito Santo tra gli angeli.
Sulla parete sinistra appare una tela ad olio, non firmata, della prima metà del XVIII secolo. Vi appare S. Nicola che, poggiato sul mantello, cammina sulle acque; alle sue spalle vi è un monaco e sulla sua destra una barca.
In basso si trova una lastra ed una lapide tombale di Francesco Notarbartolo del 1833 ed accanto il busto di D. Beccatelli e G. Vaccà del 1850. Sulla parete destra, invece, è presente una tela ad olio settecentesca, non firmata, che rappresenta S. Nicola di Bari raffigurato in abiti vescovili, con la destra benedicente ed alla sinistra il "baculo".
Nella parte destra del dipinto appaiono due putti sullo sfondo di un paesaggio.
In basso alla parete è presente una lapide tombale di Rachele Liberati del 1811 ed un'altra di M. Carolina de Serre del 1822.
Cappella di San Francesco
La seconda cappella è dedicata a San Francesco d'Assisi.
Sull'altare, datato 1854 per devozione dei Confratelli del SS. Sacramento, appare una statua lignea della fine del XVIII secolo del santo recante un Crocifisso in mano e con il capo aureolato. Al lato sinistro vi è un dipinto ad olio anonimo, raffigurante San Francesco che riceve le stimmate; alla sua sinistra frate Leone.
Al di sotto la lapide, con stemma ed epigrafe, di Carlo Weber del 1744 ed accanto la lapide con stemma ed epigrafe di D. Gaspare Torres del 17034.
Sulla parete di destra vi è una tela ad olio settecentesca, anch'essa anonima, raffigurante la Tentazione di San Francesco; il santo è rappresentato in atto di scacciare una fanciulla che lo ha tentato e sullo sfondo vi è riprodotto il convento di Rivotorto, luogo dove sorse l'Ordine Francescano.
Cappella dell'Immacolata
La terza cappella, dedicata all'Immacolata, reca all'entrata, nell'angolo del pilastro sinistro, la statua di S. Rita con ai lati due colonnine in legno sostenenti due candelabri.
Sull'altare vi è la statua lignea dell'Immacolata, della fine del sec. XVII, che in passato recava ai piedi due putti di legno coevi, oggi mancanti.
Sul tabernacolo è posta una piccola statua di San Giuseppe e il Bambino, in legno policromo del sec. XVIII, il Santo regge con il braccio sinistro Gesù.
Sulla parete di sinistra è posta una tela ad olio del Settecento intitolata l'Indulgenza della Porziuncola, dove è raffigurata Maria che offre fiori a San Francesco inginocchiato ai suoi piedi; a sinistra Gesù benedicente, sullo sfondo una croce e tutt'intorno putti.
Nella lunetta superiore, un altro dipinto rappresentante la Visitazione, tela ad olio del sec. XVIII, raffigura Maria che incontra Santa Elisabetta ed alle loro spalle due uomini anziani. Sulla parete destra, vi è una bella Natività del XVIII secolo e vi appare al centro la Vergine Maria con il capo coronato, il Bambino in braccio ed intorno pie donne.
Sopra, nella lunetta, è collocata una Presentazione al Tempio; la Madonna porge il Bambino al vecchio Simeone con l'offerta rituale di due colombi. Tutte le tele non sono firmate.
Cappella dell'Addolorata
La prima delle tre cappelle collocate a sinistra dell'ingresso principale è dedicata all'Addolorata.
Sotto l'altare si presenta una statua lignea del sec. XVIII, raffigurante il Cristo disteso su un letto con il corpo riverso all'indietro.
Sopra l'altare una tela ad olio del sec. XVII raffigurante la Pietà; la Madonna Addolorata, a mezzo busto, poggia il capo sulla mano destra sostenendo il Cristo col braccio sinistro; a destra in alto un putto.
Sulla parete sinistra, una Andata al Calvario, di Gaetano Migliar, (che è una copia di un dipinto di Francesco De Mura conservata nella chiesa dell'Assunta a Castel di Sangro).
Al centro appare il Cristo caduto sotto la Croce e soccorso da una pia donna; intorno i carnefici.
Sulla parete di destra è presente una tela ad olio del sec. XVII, anche di Gaetano Migliar, rappresentante la Flagellazione di Cristo. La scena è dominata dal Cristo con le mani legate; alle sue spalle due flagellatori ed a sinistra le guardie.
Cappella della Divina Pastora
La seconda cappella è dedicata alla Divina Pastora, l'immagine della quale appare su di una tela ad olio rettangolare con il profilo superiore lobato, di Antonio Sarnelli del 1756.
La Madonna fanciulla vi è raffigurata vestita di bianco e ammantata di azzurro, sedente, recante nella mano sinistra un bastone e accarezzante con la destra un agnello.
Sull'altare è posto il busto ligneo e policromo di Santa Caterina, risalente al XVIII.
Sulla sinistra vi è il monumento funebre della Ven. Maria Adelaide Clotilde Regina di Sardegna, il cui corpo è collocato in un sarcofago di marmo bianco poggiante su tre piedi.
Il monumento funebre è sormontato da una lastra di marmo, sulla quale è incisa la seguente epigrafe, voluta dal suosposo Carlo Emanuele IV, Re di Sardegna:
D.O.M.
VENERABILIS
MARIA ADELAIDE CLOTHILDA XAVERIA BORBONIA
SARDINIAE REGINA
CVIVS SANCTISSIMA PIETAS
INGENII DEXTERITAS CONSILII PROBITAS
MORUM SVAVITAS
VLTRA VOTVM STETERVNT
ALIORUM AMANTIOR QVAM SUI
EMENSIS UTRISQUE FORTUNAE SPATIIS
ADVENTANTI FATO
IINIMITABILI ANIMI ROBORE
OBVIAM PROCESSIT
REGNO ITALISQUE ORIS
CHRISTIANARUM VIRTUTUM SPECIMEN
EXTRA ETIAM ADMIRATIONE PRAEBENS
PRAEPROPERO MORBO RAPTA
SUIS OMNIBUS EXAMINATIS
AETERNUM VICTURA PLACIDISSIME OBIIT
NEAPOLI NONIS MARTII ANNO MDCCCII
REX CAROLUS EMANUEL IV
PIISSIMUS CONIUX
LUCTU CONCISUS
DIMIDIO SUI CURARUM LEVAMINE ORBATUS
AD UXORIAS CINERES HIC QUIESCENTES
M. P.
Meta incessante di devozione, nei primi tempi della morte di Maria Clotilde, essendo vivo in Napoli il ricordo delle sue virtù, e stata dichiarata Venerabile da Pio VII nel 1808, la frequentazione dei devoti presso la Cappella è poi aumentata in tempi recenti per l'andamento della Causa di Beatificazione.
Il Re in esilio Umberto di Savoia seguiva con attenzione il Processo Canonico quale attore nella causa, avendone affidato, nel 1970, la Postulazione ai Padri del Terzo Ordine Regolare nella persona del Padre Francesco Provenzano. Il procedimento sarebbe durato dodici anni finché, l'undici febbraio 1982, presente il Pontefice Giovanni Paolo II, veniva promulgato il Decreto riguardante la causa di beatificazione e canonizzazione "sulle virtù eroiche della Serva di Dio Maria Clotilde Adelaide Saveria, Regina di Sardegna".
Umberto di Savoia,
considerò sempre la Cappella come un sacrario di Famiglia e nell'Anno Santo, Humanae
Redemptionis, indetto da Pio XI nel 1933, ne dispose importanti restauri
come "...un nuovo pavimento in marmo, di nobile rivestimento alla base delle
pareti e di un apposito e decoroso cancello in bronzo, - egli ha disposto che
ai due lati della cappella pendessero due artistiche lampade votive a perenne
testimonianza della eminente santità di colei che, pur raminga ed esule dalla
sua patria e dal suo regno, tanta luce di bene e di operosa carità seppe
diffondere intorno a sé nella sua breve e travagliata esistenza". Ne ricorda
l'augusto interessamento una breve iscrizione in marmo al lato del sarcofago.
Sulla parete di destra prospetta una tela ad olio rettangolare del sec. XVIII anonima, raffigurante il Cristo e la Divina Pastora sullo sfondo di un paesaggio campestre.
Al di sotto appare la lapide tombale del Padre
Mariano Postiglione che fu confessore della Venerabile Maria Clotilde di
Savoia, accanto un vaso contenente i precordi di Maria Teresa di Savoia, che
poggia su una base a forma di parallelepipedo chiusa da una teca che contiene
il cuore della Santa.
Cappella di S. Antonio di Padova
La terza cappella è dedicata a Sant' Antonio di Padova e reca all'entrata la statua di Santa Lucia con gli oggetti relativi al suo martirio.
Sant'Antonio è raffigurato con gli abiti del T.O.R. di colore nero.
Accanto, in un tempietto ottocentesco, vi sono due nicchie con le statue di San Lodovico re di Francia a sinistra e Santa Elisabetta d'Ungheria a destra, entrambe risalenti all'inizio del sec. XVIII.
Sul soffitto, una tela ottagonale del sec. XVIII raffigura l'Ascensione di Sant'Antonio; il Santo vi compare inginocchiato sulle nuvole con il volto rivolto al cielo mentre è trasportato dagli angeli.
Sulla parete di sinistra, in una tela del sec. XVIII, è raffigurato Sant'Antonio mentre riattacca il piede alla gamba di un giovane che si era automutilato per il rimorso di aver offeso sua madre.
Al di sotto di quest'ultima è collocata la lastra tombale di Rachele Crispo, recante un'epigrafe in latino ed un ovale racchiudente il profilo della defunta. Sulla parete destra una tela ad olio di fine Seicento raffigura il Miracolo di Sant'Antonio; il Santo restituisce alla vita un bambino, recato dalla madre, ustionato con acqua bollente.
Anche la volta che copre l'abside e le quattro velette di raccordo con la cupola furono affrescati da Gustavo Girosi.
Gli affreschi nelle velette raffigurano rispettivamente: a sinistra dell'altare maggiore S. Francesco; quella a destra S. Antonio, rispettivamente fronteggiate S. Bonaventura da Bagnoregio e S. Lodovico Re di Francia.
Nello spazio della doppia cornice che corre in circolo, tra i quattro archi e la cupola, insiste la scritta:
"ORANTIBUS IN LOCO ISTO DIMITTE PECCATA POPULI TUI DEUS"
Cappella della B. Vergine di Pompei
Nell'ala sinistra del transetto appare la cappella della Beata Vergine di Pompei, precedentemente dedicata ai Santi Gioacchino ed Anna dei quali esiste la bella tela ad olio di Benedetto Torre del 1781 collocata sull'altare. Sant'Anna vi compare seduta, con il tempio alle sue spalle, intenta ad istruire una piccola Maria con la mani giunte; alla sinistra appare San Gioacchino che si appoggia sul bastone; in alto il Padre in mezzo ad una schiera di Angeli; sotto, sul piano superiore dell'altare, vi è un'edicola in marmo con colonnine laterali e timpano superiore, contenente una copia del famoso quadro della Beata Vergine di Pompei, esposto nel Santuario di Pompei, collocato dal Rettore Padre Gaetano Madonia mentre era ancora in costruzione il Santuario.
L'altare, di gusto settecentesco, è in marmo policromo; al centro del paliotto un'urna contiene il corpo del Beato Placido, martire, forse all'epoca della persecuzione di Diocleziano.
Il dossale molto semplice è a due ripiani di marmo cipollino molto pregiato.
Cappella Madonna delle Grazie
Nel lato destro del transetto prospetta una cappella offerta alla Madonna delle Grazie.
L'altare del sec. XVIII è in marmi policromi ed il paliotto presenta al centro un motivo ornamentale che ricorda una teca terminante con due stemmi.
Il dossale è a due ripiani e conserva al centro un doppio tabernacolo adornato da due puttini ed una colomba, simbolo dello Spirito Santo.
Al di sopra campeggia un crocifisso in legno policromo del sec. XVIII, in proporzioni naturali, poggiante su una croce marmorea, dalla figura scultorea notevolmente evidenziata, restaurata dal prof. Virgini.
Ai piedi del crocifisso si conserva, in un'apposita edicola marmorea, la piccola tela ad olio della Madonna delle Grazie, di cm. 60x70, ascrivibile al sec. XVIII.
La Madonna, raffigurata di mezzo profilo, porge il seno al Bambino sorridente. La bella tela è stata attribuita al pittore Antonio Sarnelli dal prof. Denise Pagano.
In alto a sinistra si leva una tela ovale di San Gennaro, del sec. XVII, ove il santo appare in abiti episcopali, di profilo e a mani giunte, dinanzi ad un altare ove è posta un'ampolla di sangue.
A destra un'altra tela ovale di San Domenico sempre del sec. XVII, che vi appare di prospetto con dei gigli nella mano destra; in alto tre putti ed in basso un quarto sorreggente una chiesa. Alla parete sinistra, in un baldacchino di legno dorato finemente intagliato, è collocata la statua del Sacro Cuore di Gesù, del XVIII sec.
L'altare maggiore
Al centro del transetto, nel presbiterio, campeggia l'altare maggiore, ascrivibile alla fine del XVII secolo, eseguito in marmo policromo intarsiato; domina tutta la chiesa.
Il dossale leggermente ricurvo termina ai lati con due volute assai sporgenti e si presenta a due ripiani.
Nel ripiano inferiore, il paliotto è ornato al centro da una scultura in marmo policromo molto sporgente che reca tutt'intorno una ghirlanda finemente lavorata; la superficie convessa, rivestita da marmo cipollino, è scandita verticalmente da motivi floreali di foglie di acanto.
Nel ripiano superiore, invece, risalta la divisione in zone da cui emergono motivi ornamentali a forma di ghirlande stilizzate. Molto elegante il tabernacolo, composto da un unico blocco di marmo intarsiato, che si conclude con una coppia di angeli ed una colomba centrale.
I candelieri settecenteschi con il Crocifisso in legno collocati sopra l'altare e la sedia presidenziale con gli scanni, sulla destra, per le funzioni liturgiche, furono donati ai francescani dalla Regina Maria Clotilde.
A lato dell'altare maggiore, nell'area del presbiterio, è collocata la sede presidenziale in stile barocco in legno di quercia finemente lavorato, con braccioli a testa d'angelo, opera di ebanisti napoletani della seconda metà del '700.
La sommità presenta una cornice entro la quale è inserita una piccola statua di Santa Caterina V. M. d'Alessandria (di epoca antecedente, databile intorno alla seconda metà del '600) in legno di ciliegio pregiato .
Completa l'arredamento una coppia di sgabelli di eguale stile. La sede ancora oggi è utilizzata dal sacerdote che presiede le liturgie.
Sulla volta dell'abside vi è l'affresco di Gustavo Girosi raffigurante scene di lutto per la morte di Santa Elisabetta Regina d'Ungheria; la Santa appare distesa stringendo al petto una croce d'oro, con il corpo ricoperto da un drappo ricamato.
Sulla sinistra appaiono in piedi due donne recanti l'una una corona e l'altra un libro aperto; in basso un fanciullo scolpisce il nome della santa ai piedi del catafalco.
Sulla destra in basso, ai piedi della Santa, una fanciulla recante una fronda di alloro.
In alto sullo sfondo due donne recanti un velo per ricoprire il corpo ed uomini anziani oranti ai lati.
Le quattro figure femminili sono le compagne ancelle: Guda, Isentrude, Elisabetta e Ildegonda.
Nelle altre due figure maschili possiamo riconoscere il Maestro Corrado e il francescano frate Gerardo.
Il 1 maggio 1236 ebbe luogo la riesumazione del corpo di Santa Elisabetta e l'Imperatore Federico II pose una corona sul capo della Santa.
Anche questo affresco è del 1909, opera di Gustavo Girosi.
Sotto vi è collocato il dipinto ad olio, Mistico Sposalizio di S. Caterina col Bambino Gesù. E' una tela di forma rettangolare con il lato superiore a lunetta, di Antonio Sarnelli, risalente all'anno 1770. La santa vestita elegantemente in azzurro, ricoperta da un mantello, appare in ginocchio sulla parte destra del dipinto nell'atto di ricevere l'anello da Gesù Bambino, che la Madonna con sguardo amorevole sorregge in grembo, all'intorno putti ed angeli. Tutte le figure sono pervase da una mistica dolcezza e da compostezza neoclassica, secondo il gusto dell'epoca. Il Sarnelli in quest'opera ci mostra la pienezza della sua maturità artistica.
Ai due lati sono collocate due tele seicentesche ad olio di forma ovale; una dedicata a Sant'Agata, ove la santa appare con gli occhi rivolti verso il cielo e recante nella mano destra la palma del martirio; l'altra è dedicata a S. Aspreno e presenta il santo in abiti vescovili, recante nella mano destra il pastorale.
Va ricordato che il Galante Aspreno nella sua Guida Sacra della città di Napoli, fa menzione di una tela dedicata a Sant'Agata che sarebbe stata nella seconda cappella a sinistra dell'ingresso, ovvero nella cappella detta attualmente della Divina Pastora.
L'organo e il Coro ligneo
Sempre nella zona absidale troneggia l'organo, poggiante su due cassoni, sistemati in pensiline contrapposte.
Quest'organo fu fornito dalla ditta Tamburini di Crema che realizzò il progetto in due anni, utilizzando in parte le canne assai pregiate del precedente Vegezzi Bossi a trasmissione pneumatica, inaugurato nel 1924 durante la reggenza del Padre Leoluca Trombaduri.
Questo, accanto al pregio di un'ottima fonica, presentava il difetto di un ritardo nella trasmissione del suono. Nel 1954, fallito il tentativo di elettrificazione da parte della ditta Rotelli di Verona, si pensò ad un nuovo organo che avesse tutte le caratteristiche del precedente e in più una parte meccanica aggiornata con la nuova elettronica. Fu così che la ditta Tamburini di Crema realizzò l'organo composto di 1589 canne collegate ad una consolle a due manuali di 61 note e 22 registri reali con ancie e campane, ed una pedaliera a raggio di 32 note.
Dietro l'organo si trova il coro del 1772 in legno di noce intagliato a due ordini di scanni; l'ordine superiore è arricchito da una lunga spalliera a riquadri poligonali ornati da piccole nicchie e pomi lignei.
Fu realizzato a cura di frà Mariano Marini, laico professo dello stesso convento.
La sacrestia
Dall'abside si passa nell'attuale sacrestia articolata in un'ampia sala coperta da una volta a padiglione, recante nel suo centro un affresco di S. Francesco d'Assisi di Antonio Sarnelli, datato 1767, anno in cui furono ultimati i lavori della sacrestia e delle due cappelle adiacenti.
Il santo è ritratto mentre ascende al cielo, circondato da un gruppo di angeli.
Al centro vi è un finestrone finemente inciso e tutt'intorno un armadio monumentale, con un avancorpo che funge da comodo bancone, in mogano finemente lavorato con figure ad intarsio, realizzato nel 1962 dal frate ebanista Salvatore Carbonaro, dopo un anno di assiduo lavoro.
Il frate ebanista fu l'autore anche di molte altre opere lignee eseguite nel convento.